martedì 3 novembre 2015

The how of happiness: evitare i confronti sociali


Studi di psicologia americana che hanno analizzato persone con alti livelli di soddisfazione personale, affermano che tali individui evitano le ruminazioni e i confronti sociali.
Sul tema della ruminazione devo fare “coming out” poiché in tale arte posso dirmi davvero maestra sin dall'età adolescenziale.
Ho sempre pensato infatti che, per risolvere un problema, fosse necessario sviscerarlo con tutte le proprie forze e di conseguenza sono rimasta davvero delusa quando, leggendo diversi articoli di psicologia, ho appreso che la ruminazione è un esercizio cerebrale inutile che allontana drasticamente dalla felicità. Tanta fatica sprecata!!
I professori di psicologia sostengono che la mia dedizione non contribuisca a risolvere il problema e renda ipersensibili di fronte ai commenti altrui e alla mancanza di aiuto altrui (cosa che in effetti è vera).
Tra l'altro è un concetto tipicamente femminile. E’ stato stabilito che gli uomini istintivamente tendono, di fronte a un problema, ad adottare il sistema della distrazione cioè pensano ad altro, aspettando che la soluzione del problema si presenti loro.
E io che avevo considerato questo atteggiamento dall'alto verso il basso alla fine ho dovuto ammettere i benefici del “prendersi una pausa”.
La ruminazione e il senso di vergogna per i propri errori sono parenti stretti del confronto sociale.
È difficile in una società fatta di globalizzazione, pubblicità e show televisivi evitare il confronto con gli altri.
Al tempo stesso lavorare su se stessi per uniformarsi alla massa può essere molto faticoso. Poiché essere donne, fidanzate, mogli, madri, professioniste perfette è impossibile i nostri tentativi sono destinati alla sconfitta. E invece di consolarci leccandoci le ferite il senso di vergogna per i nostri errori ci da il colpo di grazia.
Chissà se esiste una motivazione biologica per cui ci creiamo tanti problemi senza motivo.
L’unica chiave vincente è lasciare andare il perfezionista che è in noi e smettere di rincorrere chi dovremmo essere per amare chi siamo.
Questo non significa non voler essere persone migliori e capire la differenza fra lavorare sodo e cercare la perfezione è fondamentale per vivere una vita felice.
Chiariamo che il perfezionista non cerca di fare del proprio meglio, il perfezionista è convinto che solo in una realtà perfetta lui possa essere felice.
Devo dire che invidio chi in maniera inconsapevole vive una vita autentica senza preoccuparsi del giudizio altrui.
Dopo aver archiviato il problema della ruminazione mi considero comunque fortunata a praticare l'autenticità in maniera consapevole, diciamo con le targhe alterne, poiché a volte quando lo stress raggiunge le stelle, ho delle ricadute di perfezionismo.
Cosa c’entra il perfezionismo con il confronto sociale? Moltissimo.
Il perfezionismo ostacola la felicità e conduce alla paralisi poiché il perfezionista spesso prova vergogna, si sente giudicato e non all'altezza.
Per vincere il perfezionismo dobbiamo riconoscere la nostra vulnerabilità, dimenticare di vergognarci dei nostri errori e praticare l’auto-compassione.
Auto-compassione non significa auto-commiserarsi, ma semplicemente impegnarsi al massimo senza angosciarsi se il risultato non è impeccabile.
Essere gentili con noi stessi e con gli altri è la base per pretendere la gentilezza dagli altri.

Per ammettere di essere imperfetti ci vuole coraggio e al tempo stesso mettere dei paletti fra noi e gli altri per proteggere la propria autenticità; alla fine però dovremo ammettere di essere comunque degli individui vulnerabili con punti di forza e di punti deboli. Ameremo noi stessi e gli altri a prescindere dall’imperfezione che ci circonda

Dr.ssa Viviana De Pace, Ginecologa

Nessun commento:

Posta un commento