domenica 28 febbraio 2016

Effetto Roseto: quando lo stress causa malattia!


Roseto è una piccola cittadina americana che negli anni ‘50 era popolata da immigrati pugliesi.
Nella cittadina, come rilevò il medico del posto, le percentuali di patologie cardiovascolari, tumori, tossicodipendenze e suicidi erano quasi assenti e comunque di gran lunga inferiori rispetto alle cittadine limitrofe.
Gli abitanti del posto sembravano praticamente morire di vecchiaia.
Le osservazioni del medico richiamarono l'interesse di altri colleghi che cominciarono a studiare le peculiarità degli abitanti della cittadina.
Non emersero elementi degni di nota nella genetica, nell'alimentazione e nell'acqua del territorio.
Gli abitanti di Roseto vivevano in maniera molto dura. Tutto il giorno lavoravano nelle fabbriche della zona per permettere ai loro figli gli studi che loro non avevano compiuto e un futuro migliore.
La sera però si ritrovavano in una comunità molto unita dove non esistevano porte chiuse e si passava da una casa all'altra liberamente, si mangiava in lunghe tavolate e si ballava insieme.
L'alimentazione che fu dettagliatamente studiata era piuttosto insalubre: essendo poveri cuocevano e friggevano tutto con lo strutto, accompagnando tutto con vino.
In realtà si scoprì che ciò che distingueva la cittadina era il cosiddetto: “Mal comune mezzo gaudio”;  i problemi del singolo diventavano i problemi dell'intera comunità e lo stress si diluiva nel conforto degli altri;  la vita dura era resa dolce dall'importante scopo di creare un futuro per i propri figli.





Roseto dimostra che una comunità che sostiene gli altri, li incoraggia, in cui ci sentiamo liberi di esprimerci e di cercare conforto negli altri, abbassando lo stress cronico cui tutti siamo sottoposti, ci protegge dalle malattie.
Cosa successe dopo?
I figli degli emigranti, studiando, raggiunsero mansioni di lavoro che i loro genitori avrebbero potuto solo sognare e acquistarono grandi ville con alte recinzioni tutt'intorno. Si isolarono al pari dei loro vicini e le percentuali di malattia di Roseto divennero così sovrapponibili a quelle delle cittadine limitrofe.

Dr.ssa Viviana De Pace, ginecologa

venerdì 19 febbraio 2016

I consigli del nutrizionista per affrontare i week-end

Quando si entra in uno studio nutrizionistico la prima cosa a cui viene da pensare è la fame! In realtà l‘equilibrato apporto di micro e macro nutrienti ben distribuiti nell’arco della giornata fa sì che si abbia un’ottima produzione ormonale senza picchi insulinemici e quindi senza avere mai il senso della fame.
Proprio perché l’abitudine di seguire un piano alimentare per una sana e corretta alimentazione non è ancora consolidata e non rientra nel nostro stile di vita, ma si ricorre al nutrizionista solo in casi di obesità o quando insorgono problemi di salute, è ormai mia consuetudine lasciare un giorno “libero” a settimana che generalmente coincide con il week-end. La mia scelta di lasciare questa libertà è dettata dal fatto che il percorso che scelgo di fare non è solo volto alla perdita di peso ma un percorso di educazione a uno stile di vita naturale, una riscoperta dei sapori della terra, delle giuste esigenze del nostro corpo. Alla fine del percorso si deve aver compreso anche come fare da soli. Il giorno a settimana libero serve non solo a togliersi lo sfizio o a concedersi un’uscita ma anche per imparare ad auto regolarsi. Inoltre dopo un’intensa settimana di lavoro è ovvio che ci si concede un’uscita per rilassarsi.
Ma rimane sempre e comunque il problema che, sia chi è “a dieta” che chi non lo è, nel week-end si può perdere la retta via….per cuidi seguito vi riporto un elenco di buone norme da seguire per non vanificare tutti i traguardi raggiunti.
Buone abitudini:
- Evitare assolutamente di stendersi dopo un pranzo, soprattutto dopo un pasto domenicale abbondante, la postura orizzontale non permette al cibo di transitare correttamente e quindi rallenta la digestione; ovviamente lo stesso vale per la cena del sabato sera per cui bisognerebbe andare a letto dopo tre ore.






- Una camminata la domenica pomeriggio a ritmo moderato per almeno 30-35minuti aiuta a smaltire gli accumuli;
- Il lunedì non digiunare ma mangiare molta verdura, bere molta acqua e seguire scrupolosamente il menù settimanale previsto dal piano alimentare;
Per quanto riguarda il cibo:
- Scegliere l’aperitivo giusto, se già si sa che dopo seguirà una cena/pranzo accompagnata dal vino bisogna evitare di fare un aperitivo alcolico e molto condito, prediligere una spremuta o un analcolico senza zucchero e stuzzicare verdurine crude, tanto ormai tutti i locali si sono attrezzati col green. Per cui, così facendo, si evita di dare spiegazioni varie agli altri commensali e comunque non si rinuncia a uno spezza fame e a uno svago.
- Per la cena magari è opportuno optare per un antipasto con base verdure e un secondo, così facendo ci si può concedere un buon bicchiere di vino. Se si ha l’abitudine di andare a ballare è positivo così ci si muove ed è inutile dire che i superalcolici sono tutto zucchero e calorie vuote per cui meglio bere altro!Se siamo ospiti vale la regole del poco di tutto, ossia assaggiare un po’ di tuttoevitando magari il pane per non eccedere nei carboidrati.
- Lo stesso vale per il pranzo domenicale.
- La cena della domenica è meglio farla a base di verdure e bere molta acqua, così ci si prepara ad affrontare un’altra settimana!
- Se la cena del sabato è una pizza ben venga, magari evitando condimenti molto grassi e ricordandosi che dal punto di vista nutrizionale è molto meglio accompagnarla con acqua e un bicchiere di birra piuttosto che con qualsiasi altra bevanda gassata e zuccherata!
Non mi resta che augurare un buon fine settimana spensierato ma comunque salutare a tutti!!!

Dott.ssa Rosa Corigliano, Biologa Nutrizionista

martedì 9 febbraio 2016

Quando il cancro ti obbliga a trovare il senso della vita


Una ricerca sul senso della vita non ti viene naturale a 20/30 anni quando la vita ti trascina come un onda attraverso schemi che tu decidi solo in parte.
I conti li fai quando temi di non avere più tempo e ti chiedi cosa volevi realmente diventare e se hai speso bene il tempo che hai avuto a disposizione.
Oggi chiudiamo il cerchio di “The How of Happiness”. Le persone con alti livelli di soddisfazione personale riferiscono di avere trovato UNO SCOPO nella loro vita e questo scopo ne costituisce il senso.
Poiché sono una ginecologa seguo tantissime pazienti che hanno superato un cancro al seno. Le loro esperienze sono state di dolore, ma anche di arricchimento personale e io trovo che siano gli esseri più saggi, gentili e spiritualmente ricchi che io incontro ogni giorno nella mia quotidianità.
Poiché non sentivo di essere abbastanza saggia da scrivere un articolo sul senso della vita ho deciso di riportare le esperienze di queste donne.
Spesso ho sentito dire alle mie pazienti che avevano superato un cancro di avere una vita piena di emozioni e di sentimenti, di gioia.  In opposizione alla fretta di tutti i giorni hanno riscoperto entusiasmo per i piccoli piaceri e la condivisione con gli altri.  Si sono liberate dall’ obbligo di dover pensare che tutto va male per accettare che la vita è tristezza e gioia insieme. Si sono liberate dell’insoddisfazione per problemi insignificanti per diventare combattive. Hanno scoperto l’amore puro della propria famiglia. Prendersi cura di sé, prendersi i propri spazi e aiutare gli altri per volere e non per dovere.


Trovare un senso alla vita può significare buttarci a capofitto in un lavoro che ci appassiona oppure dedicarci a crescere i nostri figli in modo che siano degli adulti felici un domani. Non esiste una sola ricetta per tutti.
In opposizione a questo modo di vedere il mondo vi riporto una citazione dal pensiero decisamente diverso:



"A me risulta che la ricerca del senso è una sorta di partita a scacchi, molto dura e solitaria, e che non la si vince alzandosi dalla scacchiera e andando di là a preparare il pranzo per tutti. È ovvio che occuparsi degli altri fa bene, ed è un gesto così dannatamente giusto, e anche inevitabile, necessario: ma non mi è mai venuto da pensare che potesse c'entrare davvero con il senso della vita. Temo che il senso della vita sia estorcere la felicità a se stessi, tutto il resto è una forma di lusso dell'animo, o di miseria, dipende dai casi. Peraltro, è anche possibile che mi sbagli. È giusto un pensiero istintivo – un certo modo di vedere il mondo". (Alessandro Baricco)


Può darsi che abbia ragione Alessandro Baricco, ma io preferisco pensare che sia l’Amore a reggere il mondo!
Dr.ssa Viviana De Pace, Ginecologa

venerdì 5 febbraio 2016

AFFRONTARE GLI ATTACCHI DI PANICO CON I FIORI DI BACH

Il numero di uomini e donne che  vive la terribile esperienza di attacchi di panico è sempre più crescente. 
A differenza della paura legata ad uno shock, l'attacco di panico spesso arriva senza cause apparenti con sintomi spesso paralizzanti come tachicardia, sudorazione profusa, oppressione toracica con conseguente ipossia o mancanza di ossigeno o dispnea ovvero difficoltà a respirare che nasce da un blocco emotivo e bioenergetico, vertigini e a volte paralisi negli arti. 
Si arriva a vedere impossibili anche semplici azioni quotidiane, come uscire di casa, andare a lavoro, guidare la macchina, ecc.
Le prime volte capita di scambiarli per patologie più serie, chi ha questi sintomi dal nulla immagina ad un infarto o a patologie importanti e spesso innesca un meccanismo d'ipocondria duro da sradicare. 
Dopotutto non si può biasimare visto che questa viene descritta come un'esperienza di morte debilitante e paralizzante. 
Spesso anche se l'individuo viene a conoscenza che l'attacco di panico deriva da un profondo disagio interiore, dal aver trattenuto troppo le proprie emozioni, non smette di temerlo, anzi oserei dire è spesso più la paura di rivivere quel momento, che il momento stesso, a modificare radicalmente il loro quotidiano, mettendoli in uno stato perenne di allerta e rinuncia di agire, spaventati dalla costante sensazione di svenimento, e paralizzati dalla paura incessante che possa succedergli qualcosa di brutto da un momento all’altro.  
Prima di arrivare a cure convenzionali, ansiolitici e sedativi spesso ci si rivolge al farmacista che puó proporre vari strumenti fitoterapici e floreali.  
Uno dei prodotti più consigliati è sicuramente il Rescue Remedy, la miscela d’emergenza delle essenze di Bach: Cherry Plum per la perdita di controllo, Clematis  la sensazione di svenimento, Impatiens per l’ansia e l’impazienza, Rock Rose per il terrore e Star of Behetlehem per il trauma che causa il primo attacco di panico, ed utile per la paura di rivivere ancora quell’inferno. 
Sicuramente un valido aiuto ma a volte non sufficiente. 
Magari ci si sente avvolti in uno 
stato di disperazione, non riuscire a vedere via d'uscita (Sweet Chestnut), altre volte si ha la sensazione di sentirsi sovraccarichi dalle responsabilità (Elm).
Se si è assillati da dubbi o incertezze tendenzialmente si tende ad aumentare controllo ed autocontrollo, impedendoci di mollare la presa e lasciare che le cose accadano. 
Ci possono venire in aiuto frequenze floreali come gentian, larch, cherry plum e cerato oltre che il fiore australiano tall mulla mulla utili a incoraggiarci a lasciarci andare ed a vedere più rosea la vita.
Spesso intolleranza, giudizio e perfezionismo sono concause di questo eccessivo controllo impedendo il recupero totale dell'equilibrio del soggetto. 
In questi ultimi caso sarebbe utile usare impatiens, beech, vine, vervine e water violet . 
Un fiore che ritengo essenziale in molti casi di attacchi di panico è lo star of Bhethlem che consola la ferita e la rimargina con dolcezza, aiutandoci a sentire di nuovo la nostra energia scorrere senza blocchi.
L'aiuto di un valido professionista e floriterapeuta può sicuramente studiare con il soggetto la miscela più idonea, che spesso si modifica nel tempo come se strato dopo strato alleggerisse il carico sino a mirare al vero nocciolo del problema. 

Concludo con una celebre frase di Darwin che ben racchiude la vera soluzione ad ogni malessere fisico ed emotivo: 

“non sopravvive il più forte o il più intelligente, ma chi si adatta più velocemente al cambiamento”...

(Charles Darwin)

Dott.ssa Anna Carla Digregorio 
Farmacista Olistica