mercoledì 4 novembre 2015

Cosa voglio dal mio futuro?

Anche il tema di oggi è frutto di un incontro emotivamente intenso con un gruppo di persone che hanno scelto di mettersi in gioco per una sera e affrontare alcune delle loro preoccupazioni: nonostante le età diverse, si sono ritrovate e rispecchiate nella PAURA DEL FUTURO.
Il futuro ci può spaventare a 10, 15, 20, 30 anni, ma anche a 40, 50, perché ce ne dobbiamo vergognare?
Non viviamo forse in un mondo pieno di incertezze e di instabilità? Siamo figli di un  periodo storico contrassegnato dalla crisi economica e dai repentini cambiamenti e ciò rende più ardua la nostra individuazione all’interno di schemi precostituiti, come forse era prima. Nel passato la famiglia e il lavoro rappresentavano delle certezze, delle sicurezze, SI DOVEVA FARE COSÌ per assecondare le richieste della società.
Rigidi schemi precostituiti possono creare infelicità. È anche vero, che oggi, invece, tutto sembra precario: i contratti sono a termine e il panorama affettivo è instabile.  Si respira più libertà, ma anche più incertezza.
Cosa ci impedisce di scegliere il nostro posto nel mondo, capire quali sono gli ingredienti della nostra felicità e procurarceli? La vera libertà è quella interiore, quella che lotta contro i condizionamenti, le paure di fallire e i sensi di colpa.

Una delle frasi che GIUSTAMENTE e in modo SANO ci accompagna è COSA VOGLIO IO DALLA VITA? E se non lo so come mi comporto? Possiamo nutrire dubbi quando a 14 anni dobbiamo decidere quale percorso di studi intraprendere, a 18 che lavoro si desidera svolgere e ad un certo momento della nostra vita, con quale persona condividere il nostro futuro.
Io penso che abbiamo tutto il diritto di porci mille domande e cercare di assecondare le nostre attitudini sfruttando i nostri talenti! Tuttavia, le pressioni sociali sono tante: “Io vorrei tu diventassi un medico” “Vai a lavorare, tanto a scuola non sei bravo” “Diventa insegnante di lettere, gli psicologi curano i pazzi” “Non far l’insegnante, non si trova lavoro”, “Non fare Giurisprudenza, ci sono troppi avvocati”.
I consigli e suggerimenti sono comprensibili, ma qualcuno ci ha chiesto cosa vogliamo fare noi e chi vogliamo essere? Non tutti hanno la fortuna di nascere con un sogno nel cassetto e lottare contro tutto e tutti per realizzarlo. Molti possono scoprire quale lavoro piace, in cosa sono bravi, solo facendo esperienze diverse correndo il rischio di cambiare università, andare fuori corso, cambiare lavoro.
Diamoci la possibilità di GUARDARCI DENTRO e capire cosa vogliamo davvero. Anche se la strada che intraprendiamo ci sembra difficile e piena di ostacoli, rinunciare potrebbe dar vita al rimpianto. Dobbiamo combattere per ciò che ci piace davvero, che sia il lavoro o l’amore, che sia l’indipendenza e l’autonomia, non bisogna arrendersi. E se non riusciamo a capire cosa ci piace davvero, DOBBIAMO FERMARCI e riflettere: qualcuno ci sta condizionando? Abbiamo paura delle conseguenze delle nostre azioni? Temiamo di deludere qualcuno? “Lavoro nell’azienda di famiglia, perché questo è il progetto che è stato scritto per me!” “Non posso lasciare la mia fidanzata/ il mio fidanzato”, perché senza di me sarebbe persa/perso”, ma la vera domanda è “Ho io il coraggio di far dei cambiamenti? Di rischiare?”
Concediamoci il diritto di aver dubbi, di metterci in discussione e capire cosa vorremmo di diverso per il nostro futuro, ma non ci dobbiamo tormentare. Le cose belle sono quelle che ci fanno più paura. A VOLTE BISOGNA PERDERSI PER RITROVARSI e quando nel buio c’è la luce della speranza, tutto diventa possibile e il futuro spaventa di meno, perché in fondo il futuro è domani! Noi costruiamo ogni giorno un pezzo del nostro cammino: sbagliare strada, tornare indietro, cambiare direzione è necessario per conoscere davvero noi stessi. La nostra identità rimane la stessa, ma è arricchita dai compagni di viaggio che troviamo, dai posti che visitiamo, da quello che proviamo

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Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni!
                                                                                                                       (Eleanor Roosevelt)

Dott.ssa Antonella Chibelli, Psicologa

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